lunedì 11 ottobre 2010

Incontro Mercoledì 3 Ottobre.

Il primo incontro si è concluso. Nessuno dei presenti ha accusato nausea, vomito, perdita di conoscenza. Va bene, forse uno si.

Dopo il preambolo introduttivo, molto simile a quanto già pubblicato qui, la discussione ha virato verso la storia della critica d'arte e la letteratura artistica, come era prevedibile considerando il titolo dell'incontro.
La storia della critica d'arte ha un’origine molte facile da individuare, essa viene fatta coincidere con la prima cattedra di Storia dell'Arte, istituita a Vienna nel 1852 e ricoperta da Rudolf Eitelberger. Per questo motivo, ma soprattutto per le personalità che lavorarono ed interagirono intellettualmente in questa città, si parla non a torto di "Scuola di Vienna".
La maggior parte dei membri proveniva da esperienze museali, da ciò una visione nuova delle opere d'arte come documento e la necessità di una catalogazione, per la quale si sceglierà un criterio storico. Si, il concetto attuale di museo nasce nell'Ottocento.
Franz Wickhoff (Steyr, 7 maggio 1853– Venezia, 6 aprile 1909), la personalità che maggiormente ha influito sulla "scuola". Era una personalità estremamente dinamica e l'area dei suoi interessi in campo artistico era estremamente ampia, anche lui come quasi tutti gli appartenenti alla scuola di Vienna contribuisce a delle riscoperte, ossia a legittimare periodi ritenuti minori e considerarli nella loro specificità. Si occupa della storia di quello che oggi chiamiamo design industriale. Si esprime a favore della Secessione Viennese.
Wickhoff utilizza ed appoggia nuovi metodi di ricerca in arte. Occorre a questo punto fermarsi un attimo e parlare di "pura visibilità" e di metodi attribuzione.
La "pura visibilità" elaborato dal teorico Konrad Fiedler, lo scultore Von Hildebrand e il pittore da Von Marées è una teoria estetica dalla quale è stato mutuato un metodo per descrivere le opere.
Le rappresentazioni visive non sono la realtà, in un dipinto le cose raffigurate seguono canoni organizzativi elaborati dall'artista, per descrivere un’opera è importante quindi individuare tale organizzazione e seguire un ordine rigoroso in modo da dare un’idea precisa dell'oggetto del discorso. L'occhio quando guarda non vede tutto immediatamente, ma trasmette ciò che percepisce via via affinché venga messo assieme in quello che "vediamo" effettivamente. Queste considerazioni faranno da base ai sistemi descrittivi elaborati a Vienna in questi anni.
La questione delle attribuzioni tira in ballo un medico, Giovanni Morelli. Giovanni Morelli (Verona, 25 febbraio 1816 – Milano, 1 marzo 1891) ha avuto una vita abbastanza movimentata ma qui prenderemo in esame solo il suo metodo. Fino a quel momento le opere d'arte erano attribuite a tal autore o per consolidata tradizione oppure basandosi esclusivamente su fonti letterarie. Morelli sostiene che un artista tenda a risolvere quelli che sono i particolari minori, cioè orecchie, ciocche di capelli, dita, sempre nello stesso modo e si può quindi identificare l'autore in base a questi elementi. Morelli è un po' maniacale in ciò.
Alois Riegl (Linz, 14 gennaio 1858 – Vienna, 17 giugno 1905), noto per il suo lavoro di riscoperta del barocco e dell'arte medievale ma sopratutto per l'elaborazione del concetto di Kunstwollen.
Riegl non da una definizione precisa di Kunstwollen, afferma che una data forma di rappresentazione non dipende solo dalle tecniche impiegate e dai materiali, o dall'imitazione della natura, ma anche da un impulso che orienta e contraddistingue ogni periodo storico, legando insieme, pur nella loro specificità, le opere dei vari artisti.
Salto a piè pari Max Dvořák e Hans Tietze, nonostante sia una palese ingiustizia nei loro confronti, e parlo un po' di Julius Von Schlosser.

«Julius von Schlosser nacque nel 1866 e morì il 3 dicembre 1938, ma essenzialmente apparteneva al Settecento. Era un gentleman con vastissimi interessi culturali, una razza quasi estinta in un'epoca di specialisti e di specializzazioni. Era dotato di una mente enciclopedica, ma il suo enciclopedismo non era quello del Seicento, coi suoi grandi sistemi ed altrettanti grandi in folio: era lo spirito enciclopedico del Settecento con il suo carattere edonistico, con quel tocco lieve che preferisce accennare piuttosto che esporre, che preferisce un saggio piuttosto che un libro, un dodicesimo piuttosto che un in folio. Lo Schlosser era un vero umanista. Aveva una conoscenza profonda delle lingue classiche, dell'arte e della letteratura dell'antichità, ma non considerava tutto come un ramo dello scibile, bensì come la base di una vera educazione umanistica dei bei tempi antichi» (Kurz, 1955; trad. il., 1961). Fonte "La Critica d'Arte del Novecento" di Gianni Carlo Sciolla, ed. UTET.
Schlosser ha scritto "La Letteratura Artistica", che è solo un testo fondamentale quando si cerca fra le fonti letterarie...

L'interesse ed anche il luogo si spostano ad inizio novecento. Altri paesi europei hanno perseguito l'esigenza di avere cattedre per l'insegnamento della storia dell'arte, la costituzione di musei, la creazione di cataloghi precisi delle opere d'arte. Era il clima di quegli anni ed il nazionalismo non era affatto il mostro che sarebbe diventato dopo.

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